Designer della comunicazione per Facebook e direttore creativo di Google Creative Labs, responsabile della promozione del brand e dei prodotti di Google nel mondo. Ji Lee da oltre 20 anni si diverte a trasformare parole comuni e nomi propri in immagini, veri e propri loghi che sintetizzano concetti, storie, personaggi.
Il suo lavoro è stato pubblicato nel libro “Word as image” dal quale sono tratte alcune di queste immagini.
“Chiunque può creare una parola-immagine, perché in realtà non è richiesta nessuna abilità nel disegno” – spiega Lee -. “Ciò che serve, oltre a un pizzico di pensiero creativo, è la capacità di vedere le parole e le lettere in modo diverso. Il dizionario contiene migliaia di enigmi visivi che aspettano solo di essere risolti”
Eugene Lazowski era un medico polacco della seconda guerra mondiale. Un uomo come tanti: cattolico, una moglie, dei figli, un cane e un lavoro per la Croce Rossa nella città di Rozwadow (villaggio del sud-est polacco dove viveva una numerosa comunità ebraica). Aveva anche un amico, il dottor Stanisław Matulewicz, il quale fin dai tempi dell’Università, aveva scoperto che iniettando a una persona sana un “vaccino” di batteri ‘inattivi’, quella persona sarebbe risultata positiva al test del febbre tifoide senza sperimentarne né i sintomi né le mortali conseguenze. Così, semplicemente, maturano un piano per salvare dallo sterminio nazista una dozzina di villaggi nelle vicinanze di Rozwadów: ‘infettare’ più gente possibile, ebrei e non, di età e condizione sociale diversa, nel minor tempo possibile. Funziona! Il Terzo Reich mette in quarantena tutta la regione.
Un piano perfetto che è riuscito a salvare la vita di 8.000 polacchi, la maggior parte dei quali ebrei.
Un idea semplice ma ardita ed eroica di due uomini che la storia, almeno quella ufficiale, si è semplicemente dimenticata.
Foto segnaletica di due persone diverse ma con lo stesso nome e le medesime misure antropometriche.
Nel 1903, un prigioniero di nome Will West arriva nella prigione di Leavenworth, nello stato di Washington. Mentre si stava schedando [ scheda N° 3426] gli addetti si accorsero che quel nome gli era già familiare e che anche le misure fisiche prese nonché la foto segnaletica erano uguali a quelle di un altro detenuto con lo stesso nome ma schedato mesi prima [scheda N°2626].
Il direttore del carcere, McCloughty, ordinò di portargli i due uomini e controllò personalmente le misure, ma queste combaciavano quasi perfettamente. Improvvisamente gli venne in mente un nuovo sistema di cui aveva letto: le impronte digitali. Così,dopo averle confrontate, si accertò che i due soggetti erano due persone diverse ( guardandole doveva essere complicato).
Il caso West screditò simultaneamente i tre metodi in uso fino ad allora, quali l’identificazione del nome personale, la foto segnaletica e le misure fisiche di Bertillon(Sistema di riconoscimento biometrico). Nello stesso tempo confermò l’accuratezza e l’utilità dell’identificazione dell’impronta digitale che da quel momento divenne il metodo elettivo delle investigazioni legali.
L’approccio di Hagan alla pittura è quello di tradurre scene di vita quotidiana in visioni romantiche, nostalgiche, dolcemente serafiche del mondo. Donne in riflessione, animali, bambini, barche a vela, uccelli della foresta pluviale, scene polverose dell’outback australiano. Nutrimento per l’anima.
“Per un breve periodo di tempo Kubrick si dedicò completamente alla fotografia, ritraendo la realtà del dopoguerra americano attraverso attimi rubati a personaggi noti o a fugaci figure metropolitane, dando alla luce scatti che, per la loro umanità, sembrano varcare il confine del tempo. Sotto quest’ottica, colpiscono in particolar modo gli scatti ‘spontanei’ realizzati per le strade di New York, vera e propria rassegna intimista delle varie anime che popolavano la città all’epoca del secondo dopoguerra.”
Scoperte le lettere che lo scienziato scrisse a una spia russa incaricata di scoprire i segreti dell’atomica: ‘Tutto qui mi ricorda di te, in questo mio nido solitario come la cella di un eremita’.
Si chiamava Margarita Konenkova, moglie dello scultore Sergei Konenkov nonche’ ex amante del celebre basso Boris Chaliapin e del compositore Sergei Rachmaninoff. Donna affascinante e di modi raffinati riuscì a sedurre Albert Einstein con l’intenzione di carpire i segreti del “Progetto Manhattan”, ovvero della bomba atomica. Il rapporto nascosto fra lo scienziato e Margarita duro’ una decina d’anni e lo rivelano alcune lettere d’amore che un erede della Konenkova si è deciso a vendere dopo più di mezzo secolo e scritte da Eistein in persona tra il ’45 e il ’46. Sulle lettera figura sempre la sigla ‘Almar’, formata dall’unione di Albert e Margarita.
Compiuta la sua missione in America, alla fine della guerra la donna tornò a Mosca dove fu decorata per i servizi resi al Kgb direttamente da Stalin. Oggi si conosce la sua vera professione grazie alle memorie del capo delle operazioni speciali del Kgb, Pavel Sudaplatov, pubblicate nel 1995. Sudaplatov era il grande manipolatore delle spie infiltrate compresa la suddetta Konenkova, nome in codice ‘agente Lukas’. Quando Margarita rientrò a Mosca nel 1945 la corrispondenza si interruppe con una frase che lascia capire l’atmosfera della guerra fredda: «Con questa lettera, se la ricevi, ti mando anche i miei baci. Che il diavolo si porti chiunque la intercetti».
Filtrare, modificare e migliorare le nostre esperienze in modo da accattivarci le simpatie nei social network può essere molto gratificante e può “nutrire” il nostro Ego: più like,più soddisfazione. La realtà, però, è sempre un po diversa e questo video tenta di fotografarne la “crudezza”.
Rob Gonsalves è un pittore canadese con una identità e un stile tutto unico, chiamato ”realismo magico”. I supporti di un ponte ferroviario che si trasformano in acrobati in equilibrio. Nubi che diventano dei velieri che navigano nel cielo. Bambini che saltano sui lettini e decollano in volo su di un paesaggio a patchwork sono solo alcuni degli esempi che fanno capire la forza espressiva e la capacità onirica di Gonsalves, dove il surrealismo si fonde con la magia e da’ vita al quel realismo magico in cui tutto è consentito. Quel momento magico in cui si passa dal sonno alla veglia, in cui la realtà si fonde con quel che resta del sogno.
Gonsalves, con i suoi dipinti, esplora visivamente le possibilità dell’immaginazione, incoraggiando a guardare oltre i confini della vita quotidiana, verso un luogo onirico dove è la fantasia a dettar legge. In tutti i suoi quadri la normalità appare solo per mutare e diventare qualcos’altro.
“Anche se il lavoro Gonsalves viene spesso classificato come surreale, si differenzia per il fatto che le immagini sono deliberatamente progettati e derivano dal pensiero cosciente. Gonsalves inietta un senso di magia in scene realistiche. Di conseguenza, il termine “realismo magico” descrive il suo lavoro con precisione. Il suo lavoro è un tentativo di rappresentare il desiderio degli esseri umani di credere l’impossibile, di essere aperti alle possibilità”
Potente,esplosiva sinergia di colore, di luce elegantemente a metà tra il concreto e l’onirico, tra il reale ed il surreale, tra il passato e il presente. Psicoanalitico.
Donne morbide, attraenti, erotiche che si lasciano osservare da sguardi malinconici e indecisi. Le pose sono ammiccanti , gli sguardi appesi a un punto indefinito.
Non rappresenta il soggetto e il suo contenuto in maniera letterale, perché non riproduce fedelmente la realtà ma comunica attraverso il colore, la forma e le curve di un dettaglio diverso che diventa il vero propulsore e messaggio.
L’astrattismo restituisce alle forme la loro originale indeterminatezza, confusione e polivalenza di significati lasciando all’osservatore la possibilità di attribuire un suo significato e trarre una propria soddisfazione. Una forma d’arte non cognitiva e razionale ma prioritariamente istintiva ed emotiva. Un modo per guardare le cose e il mondo in maniera completamente diversa.
Han van Meegeren fu il più abile falsario che l’Europa abbia mai conosciuto, capace di bidonare chiunque grazie a una tecnica incredibile e alla conoscenza dei più raffinati metodi di sofisticazione.
Han van Meegeren
Da giovane venne considerato un artista fallito. Per i suoi docenti all’Accademia di Belle Arti non sarebbe mai stato un artista nel vero senso del termine. La manualità c’èra ma mancavano la genialità,meglio dedicarsi ad altro. E difatti cominciò ad apprendere le tecniche di falsificazione da Theo Van Wijngaarden, famoso restauratore e falsario operante ad Amsterdam in quel periodo. Un po’ sbruffone, van Meegeren si vantava di imitare Rembrandt e Vermeer meglio di Rembrandt e Vermeer. Con le frodi divenne ricco ma il suo fine segreto era un altro: voleva prendersi una rivincita su quanti, da ragazzo, gli avevano consigliato di lasciar perdere con la pittura.
Non commise mai l’errore di copiare opere di Vermeer esistenti: creò invece dipinti nuovi, inserendo con cura della polvere nel falso appena terminato per provocare la claquelure (lo spontaneo reticolo di piccole crepe, tipico delle tele ad olio invecchiate. La sua genialità arrivò a tal punto che Meegeren, per rendere sempre più credibili i suoi falsi d’autore e ingannare così gli esperti, si adoperò per reperire materiali e pennelli usati 300 anni prima.
Ha addirittura avuto l’ardire di vendere i suoi falsi anche ai gerarchi nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Quando si trovò un Johannes Vermeer, di cui non si sapeva nulla, nella raccolta del leader nazista Hermann Goering, Van Meegeren, fu accusato di collaborazionismo. Di fronte alla possibilità della pena di morte, Van Meegeren confessò di aver falsificato il dipinto. Silenzio in aula, il pennello all’artista! Per dimostrare la propria innocenza e quindi di avere raggirato il nemico, alleggerendo così la sua posizione, si mette a dipingere durante una delle udienze: riproducendo un Vermeer in modo tanto preciso da scagionarsi.Il giudice lasciò cadere le accuse di tradimento. Ma Van Meegeren fu arrestato di nuovo, questa volta per falso e truffa. Venne condannato a un anno di prigione, dove morì per un attacco cardiaco un mese dopo il processo.